La Chiesa di Santa Maria Nuova

 
La chiesa parrocchiale di Santa Maria Nuova, al centro del paese, risale agli inizi del XVII. E' in stile tardo rinascimentale, con un notevole coro ligneo posto dietro l’altare maggiore.

 

PROGETTATA DA UN ARCHITETTO ILLUSTRE

Progettata dal celebre architetto e scultore Ippolito Scalza (Orvieto, 1532-1617) e riconosciuta come una delle sue ultime opere, è stata avviata a partire dal 1605. La lapide che ricorda la consacrazione è conservata nella sacrestia e riferisce che fu eretta in “comudum populi”, cioè per comodità della popolazione che evidentemente risiedeva, per la maggior parte, all’interno del paese e trovava scomodo recarsi alla Pieve di Santa Maria situata fuori le mura.

In essa il grande architetto si cimenta con un tema che sarà poi uno dei più importanti dell’architettura barocca, cioè il tentativo di unificare pianta longitudinale e centrale. Il risultato  è uno spazio molto particolare, una sorta di commistione di pianta centrale con una chiesa a tre navate di uguale altezza.

Spiega così la particolarità della pianta l'architetto Andrea Miscetti nel libro "Una chiesa come identità e memoria" (2012):

All'interno di Santa Maria Nuova, ad esclusione del coro, della Cappella dal Santissimo Sacramento (sul lato sinistro) e quella di San Carlo Borromeo (oggi Cappella delle Reliquie, sul lato destro), si evidenzia un quadrato che allude ad un preciso modello di pianta che va sotto il nome di quincunx, definito anche "croce iscritta in un quadrato". Le due cappelle laterali, ai fianchi del presbiterio, preparano l'espansione longitudinale della pianta. Il presbiterio sormontato da una volta a botte esce dal perimetro quadrato della chiesa e questa espansione "longitudinalizza" l'impianto centrale facendo sembrare la chiesa a quincunx un edificio ad aula a tre navate. I quattro pilastri centrali, a cinque lati, legano le diverse unità spaziali fra di loro tramite un sistema di aggetti e rientranze, quali unità tra loro diverse. 


 

IL PULPITO

Secondo i dettami di San Carlo Borromeo, in Santa Maria Nuova troviamo il pulpito situato "nel grembo della chiesa", addossato, con un andamento a ventaglio, ad uno dei due pilastri vicini al coro. Nel quadro della riforma del Concilio di Trento questa soluzione, introdotta dagli ordini mendicanti nel medioevo, caratterizza l'importanza fondamentale della predica per renderla più vicina ai fedeli e facilitarne l'ascolto.  


 

LA PALA D'ALTARE E GLI OVALI

Sulla parete di fondo si trova una grande pala d'altare raffigurante la Madonna con il Bambino, le anime del Purgatorio e i Santi Matteo, Michele arcangelo, Nicola, Lorenzo, Giuseppe e Giorgio. Poiché  santi rappresentati sono tradizionalmente riconosciuti come i protettori della città è molto probabile che le due figure in basso rappresentino Santa Vittoria e Sant'Eumenio, patroni del paese. 

Nella pala la Vergine si trova in posizione centrale e in atteggiamento regale, con due angioletti musicanti ai lati. Essa sorregge con il braccio sinistro il Bambino, mentre con uno scettro nella mano destra sembra ordinare all'arcangelo di soccorrere le anime del Purgatorio. Il fatto che la pala contenga la rappresentazione di Sant'Eumenio fa pensare che essa sia stata realizzata dopo il 1658, anno in cui il Vescovo di Gortina fu annoverato tra i santi patroni protettori del paese di Ficulle.  

La decorazione della tribuna si completa con quattro ovali settecenteschi, raffiguranti Santa Teresa d'Avila e San Calcedonio (nella parete frontale accanto alla pala), San Luigi Gonzaga (sulla parete sinistra) e Santa Margherita da Cortona (sulla parete destra).


 

L'ULTIMA CENA NELLA CAPPELLA DEL SS. SACRAMENTO

A sinistra del presbiterio troviamo la Cappella del Santissimo Sacramento, impreziosita da una rappresentazione dell'ultima cena fatta realizzare dalla Confraternita del Santissimo Sacramento. La particolarità dell'opera è la raffigurazione di una santa martire in basso a sinistra, verso gli astanti, identificabile probabilmente in Santa Vittoria.


 

LA VENERAZIONE DI SANTA VITTORIA

Il culto di Santa Vittoria fu probabilmente introdotto a Ficulle dai Camaldolesi che si erano stanziati presso l'Abbadia di San Niccolò al Monte Orvietano. I Camaldolesi sono infatti una congregazione derivata dai Benedettini, i cui monaci trasportarono il corpo della Santa nell'Abbazia di Farfa nella Sabina. In seguito, sotto la minaccia di incursioni saracene, il corpo fu diviso in tre parti, inviate poi a Roma, Bagnoregio e Fermo, città nelle quali i monaci ne avevano già da tempo diffuso il culto. 

Quando i ficullesi richiesero alla Curia Romana di poter avere delle reliquie della santa venerata tra i protettori del paese, Pio VI, ne ordinò la ricerca nella Catacomba di San Ciriaco al Verano, nella quale rinvennero il corpo intero di una giovane fanciulla accompagnato da un recipiente di vetro con sangue aggrumato (indice certo di martirio). Il Papa ne fece dono a Ficulle nel 1791. Da quel momento, Santa Vittoria si materializzava in quel corpo da esporre per la venerazione sotto all'altare maggiore delle chiesa di Santa Maria Nuova. Vestita di un abito di broccato in oro e manto celeste, la santa tiene in mano una palma, simbolo del martirio, e in testa una corona simbolo di santità. 


 LA VENERAZIONE DI SANT'EUMENIO

 

All'altro Santo protettore del paese di Ficulle, Sant'Eumenio da Gortina, è dedicata una statua di recente realizzazione, posta lungo la navata destra della Chiesa. La statua, realizzata da un artigiano campano e offerta dalla popolazione ficullese, ha la particolarità di ritrarre S.Eumenio in abito vescovile, con ai piedi la rocca, simbolo del paese di Ficulle.

Curiosa è la storia che lega Ficulle a questo santo lontano, originario dell'isola di creta. Si narra infatti che durante un assedio la popolazione ormai allo stremo delle forze e sull'orlo della resa, si riunisse in preghiera chiedendo l'intercessione divina per la protazione del paese e che subito lungo le mura medievali si illuminassero di fiammelle. I nemici, vedendo l'accensione di così tante torce lungo le mura, pensarono che la popolazione si preparasse non alla resa ma al combattimento e che avesse ancora energie e strumenti per resistere all'assedio e decisero di desistere. Era il 18 settembre, giorno dedicato a Sant'Eumenio e i ficullesi decisero di attribuire a lui, noto nella storia dei santi anche come il taumaturgo (cioè colui che guarisce) e fiaccola di fede, l'evento miracoloso e lo elessero a loro patrono. Ancora oggi nella giornata che precedere la festa del Santo patrono, le mura sono illuminate dalla torce e una staffetta tra rioni rievoca il miracolo evento.